Osteopatia e cronicità: a parlare sono gli osteopati
L’’osteopatia può rappresentare un valido sostegno al sistema sanitario nella sfida alla cronicità, a patto che gli italiani possano accedere pienamente ai trattamenti al pari di tutte le altre professioni sanitarie. Sono questi alcuni dei concetti emersi nel corso del 5° Congresso Nazionale del ROI durante il quale sono stati presentati i risultati della ricerca “Gli osteopati e l’atteggiamento verso i pazienti con cronicità” svolta per il ROI da Lattanzio Monitoring & Evaluation.
Quale rapporto tra osteopatia e cronicità?
La survey condotta su un campione di 770 osteopati ha evidenziato che, per il 65% degli intervistati, dal 2017 a oggi i malati cronici negli ambulatori osteopatici sono cresciuti. Non solo, per il 73% di chi ha risposto nei prossimi due anni i pazienti italiani affetti da patologie croniche continueranno ad aumentare a un ritmo superiore di quello atteso per i pazienti non cronici, per i quali invece è attesa una crescita dal 61% degli osteopati italiani.
Chi sono i pazienti?
Dalla ricerca emerge che oggi circa un quarto degli osteopati (il 26%) ha già in carico la maggioranza di pazienti con cronicità e per il 63% degli osteopati si tratta principalmente di donne. L’età media del paziente cronico che si rivolge all’osteopata è tra i 50 e i 55 anni, rispetto al paziente non cronico che ha in media un’età compresa tra i 35 e i 40 anni.
Perché si rivolgono all’osteopatia?
Per gli osteopati italiani, le prime tre richieste espresse dai malati che si rivolgono all’osteopatia sono una migliore convivenza con la cronicità (77% del campione), suggerimenti pratici per gestire la malattia (50%) e il bisogno di presa in carico (48%)*. All’origine della continuità nel tempo della relazione con l’osteopata sono innanzitutto i benefici del trattamento (per il 91% degli intervistati), l’instaurarsi di relazione di fiducia (67%) e la sintonia tra osteopata e paziente (49%)*.
Come collaborano gli osteopati con gli altri professionisti sanitari?
Dai risultati della ricerca si evince che i medici rappresentano un canale di informazione significativo per indirizzare il paziente cronico presso l’ambulatorio osteopatico. Il ruolo del medico di famiglia e dello specialista è segnalato rispettivamente dal 28 e dal 25% degli osteopati intervistati. Tuttavia lo studio mostra come gli osteopati italiani non siano ancora soddisfatti del riconoscimento dell’osteopatia rispetto alle altre discipline mediche, con un 65% di insoddisfatti. Nonostante questo panorama, rispetto a cinque anni fa il campione ritiene che siano migliorate sia le relazioni con i medici (per il 47%) che con gli specialisti (56%). Un dato che si attesta invece al 31% nel giudizio rispetto alle altre figure sanitarie.
Quale futuro per la professione?
Ai primi posti tra le attese per il futuro della professione osteopatica figurano il bisogno di una maggiore collaborazione con i medici (espressa dal 74% degli intervistati) e l’estensione delle agevolazioni fiscali sulle spese sanitarie di cui i pazienti non potranno godere fino al varo dei decreti (63%). La considerazione dello status professionale insieme all’inserimento nelle strutture ospedaliere, sono indicate rispettivamente dal 56 e dal 55% del campione*.
Entro il 2050 in Europa la speranza di vita aumenterà fino a quasi 81 anni, con un ritmo simile a quello registrato tra il 1980 e il 2010. Una delle conseguenze di questa longevità sarà la crescita delle malattie croniche, che già oggi riguardano 24 milioni di italiani. Gli effetti sulla spesa sanitaria si stanno facendo sentire già oggi, come dimostra la stima dell’OMS secondo cui oltre l’80% dei costi in sanità a livello globale sono riconducibili alla cronicità. Come ha spiegato nel corso del Congresso il Presidente Paola Sciomachen, “l’osteopatia è pronta a giocare un ruolo fondamentale in questo scenario, ma per farlo l’attesissima emanazione dei decreti attuativi da parte del Ministero della salute è un passaggio necessario e più che mai urgente”.