#oggiparliamocon…Fabrizio Consorti

Oggi parliamo di Formazione e Competenza con il Professor Fabrizio Consorti, Presidente SIPeM, Società Italiana di Pedagogia Medica, società scientifica e culturale interdisciplinare e multiprofessionale, composta da operatori della Salute, pedagogisti, psicologi, educatori di comunità e formatori professionali.

 

1) Buongiorno Prof. Consorti, innanzitutto, ci può spiegare che cos’è la SIPeM?

Nonostante l’aggettivo di “medica”, la SIPeM è una società scientifica inter-professionale, aperta quindi a tutte le professioni di cura, non solo ai medici. La missione sociale è la diffusione delle buone pratiche didattiche nel campo della formazione pre, post-laurea e continua di tutte le professioni di cura, nonché la promozione della ricerca scientifica sui modelli e metodi per il miglioramento della formazione. Infine la SIPeM offre “formazione dei formatori”, indirizzata alla metodologia di analisi dei bisogni formativi, alla progettazione educativa e ai metodi didattici. I contenuti disciplinari sono naturalmente fuori dalla competenza della società, che in quanto tale non fa perciò formazione professionale diretta né degli studenti né dei professionisti.

 

2) Nel dibattito per il Riconoscimento dell’osteopatia come professione sanitaria, si parla spesso di competenze, più precisamente di competenze professionali. Ci può dare una definizione esatta ed esaustiva

La definizione di “competenza” occupa interi scaffali di libreria, ma ai fini delle attività di pedagogia medica possiamo considerare la competenza professionale come la capacità di usare un insieme strutturato e ben caratterizzato di conoscenze, abilità tecniche e atteggiamenti, in un contesto professionale specifico. L’elemento centrale della definizione è quindi la “capacità di usare”, mentre il contesto professionale fornisce l’insieme dei fini e delle regole di utilizzo dei contenuti di competenza.

 

3) Ha parlato di conoscenze, attitudini e abilità come elementi fondamentali per la competenza professionale. L’osteopatia è una disciplina che, per essere praticata, ha bisogno di innumerevoli competenze, come esempio non esaustivo possiamo portare le competenze tecnico-manuali o quelle necessarie per eseguire una diagnosi osteopatica. Quali devono essere le competenze specifiche in osteopatia?

Come dicevo in precedenza, l’osteopatia costituisce il contesto della competenza e quindi sono competenze osteopatiche specifiche quelle che differenziano questa professione dalle altre professioni di cura. Da esperto della formazione – ma da laico dei contenuti – mi azzarderei a dire che le competenze manipolative caratterizzino l’osteopatia. Con ciò intendo non solo la capacità di eseguire le manovre palpatorie diagnostiche e le tecniche correttive nel modo giusto ma la capacità di usare questa abilità con la corretta indicazione, in integrazione con altre attività di educazione e counselling, per risolvere un problema specifico. Mi sembra che sia una competenza specifica anche l’interpretazione della condizione di un paziente e l’identificazione di un problema come pertinente al dominio osteopatico, così come definito dai modelli struttura-funzione, che caratterizzano l’approccio sistemico peculiare dell’osteopatia.

Altre competenze molto importanti sono in comune alle altre professioni di cura, come la competenza di comunicazione efficace e di relazione empatica coi pazienti e il loro contesto sociale, la capacità di agire in team inter-professionali o una consapevolezza matura del proprio essere professionisti, con diritti e doveri verso il resto della società.

 

4) In base alla sua esperienza, come dovrebbe cambiare la formazione in osteopatia a seguito del Riconoscimento dell’osteopatia?

Se l’osteopatia verrà riconosciuta professione sanitaria, dovrà – a norma di legge – avere un corso di laurea abilitante. Il confronto col resto della comunità accademica nazionale potrà essere vissuto come scontro o come opportunità di apertura e cooperazione in uno spazio scientifico e professionale più ampio. E’ ovvio che ci sarebbero problemi di natura politica, economica ed organizzativa, ma da un punto di vista strettamente pedagogico le linee metodologiche e contenutistiche della formazione sono unicamente dettate dal profilo di competenza dell’osteopata, così come individuato da enti internazionali, dal dibattito interno alla professione qui in Italia e dal confronto con i corpi sociali. E’ opportuno infatti ricordare che nessuna professione, neanche le più antiche come la medicina, si definisce in piena autonomia. L’immagine di una professione è infatti per ampia parte una costruzione sociale. Che la formazione avvenga poi in un istituto privato convenzionato o in una struttura universitaria, sarà solo questione di opportunità e di business model, anche se gli spazi fisici e le dimensioni organizzative hanno un grande impatto nell’efficacia della formazione.

 

5) Per acquisire competenze è sufficiente la formazione universitaria?

Lo sviluppo della competenza è un processo continuo, che inizia con l’orientamento prima dell’accesso al corso di studi e si continua per tutta la vita professionale. E’ indispensabile definire il livello atteso di competenza alla fine del percorso di base, così da poter ipotizzare ulteriori livelli di sviluppo, in accordo ai corsi di studio previsti dalla normativa nazionale nel quadro del processo di Bologna (master di 1° o 2° livello, dottorato di ricerca). Se l’osteopatia diverrà professione sanitaria, sarà inoltre obbligatoriamente inserita nel sistema nazionale di Educazione Continua (ECM).